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Quale tipo di rapporto avete con la committenza?

 

Bruno Vaerini

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Edificio residenziale, Ubiale Clanezzo, 2003 -

«Una delle maggiori difficoltà che incontro in ogni mio lavoro è costituita dal rapporto con la committenza, devo dire, spesso deludente. Molti miei lavori purtroppo non sono stati ultimati, oppure totalmente modificati per incompatibilità di visioni. In alcuni casi si è giunti fino alla non sopportazione fisica: credo che si sentissero violentati nelle loro più elementari esigenze, perché stravolgevo le loro aspettative, spesso indirizzate verso canoni estetici diversi.

Devo dire che ho comunque incontrato molti clienti di ampie vedute, che si sono affidati al mio modo di lavorare. Ad esempio, nel caso di alcuni negozi, sono riuscito a dare un'immagine talmente caratterizzante, anche se molto semplice, che non prevarica sulla merce esposta, che a distanza di molti anni non sono state necessarie modifiche e gli spazi risultano ancora attuali, evitando l'investimento di ulteriori capitali. Molti proprietari delle case che ho costruito ancora mi ringraziano per averli guidati ed educati ad un certo modo di vivere, che in principio non mi avevano chiesto.

Vivo con grande felicità il privilegio della mia vocazione e sono contento di potermi muovere senza vincoli, dedicandomi con anima e corpo al progetto».

Pietro Gellona

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Olana State Historic Site, NY

«In genere si instaura un rapporto di amicizia, è rischioso ma è alla base di una comunicazione più serena nel lungo

processo che va dalla progettazione alla realizzazione. Ho avuto occasioni anche di lavorare in famiglia, cosa più

complicata, perché oltre al bagaglio pregresso di relazioni consolidate c'è maggiore ansia e responsabilità per il budget».

SET Architects

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Litografia ottocentesca da un dipinto di Andrea del Sarto

«L’inizio di un rapporto con la committenza è uno dei momenti più sensibili di tutto il processo legato alla redazione di un progetto. C’è una fase di ascolto che ci fa fare un passo indietro rispetto alle tematiche da affrontare perché pensiamo che il ruolo principale dell’architetto sia quello di rispondere alle esigenze della società. L’ascolto apre ad un confronto a volte semplice e naturale e a volte più complesso, ma che porta sempre ad un valore aggiunto. Può nascere una grande affinità con la committenza che è di grande aiuto anche in fase di progettazione. Quando c’è una forte volontà da parte del committente di realizzare un’opera si scaturisce una cooperazione che amplifica la qualità del progetto. Nel caso contrario spendiamo molte energie nel sensibilizzare il cliente e nel renderlo parte di un idea comune. L’obiettivo è sempre quello di trovare la giusta misura tra le richieste iniziali e le soluzioni architettoniche. Poi può capitare che il rapporto vada oltre il progetto facendo nascere relazioni di amicizia che proseguono nel tempo anche a lavori conclusi, il che ci fa pensare di aver svolto il nostro lavoro nel migliore dei modi».

Baserga Mozzetti

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Casa Minghetti Rossi, Gordola, 2012 

«Amore e odio».

Atelier Remoto

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Vevey, 2019 

«Ben di rado - in Inghilterra forse mai -  sono entrato in una stanza moderna e ho pensato: “Ecco quel che vorrei”.  Poi entrai in una stanza disegnata da un giovane architetto di nome John Pawson, e subito mi dissi : “E' proprio quello che voglio”:

Pawson ha vissuto e lavorato in Giappone. Detesta il postmoderno e altre asinerie architettoniche. Gli dissi che volevo un incrocio tra una cella e la cabina di una nave.  Volevo che i miei libri restassero nascosti in corridoio, e tanti armadietti. La stanza dissi, andava dipinta di bianco panna, con veneziane di legno in tinta. Per il resto lasciai fare a lui. (...) Nella mia stanza non scrivo molto. Per scrivere ho bisogno di altre condizioni e altro luoghi. Ma lì posso pensare, sentire musica, leggere a letto e prendere appunti. Posso dar da mangiare a quattro amici; ed è, tutto considerato, un posto dove appendere il cappello».

Bruce Chatwin, Anatomia dell’irrequietezza, 1986

Marko Radonjić
 

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Kålagervej 25, 2018 

«Penso sia auspicabile instaurare una buona relazione con il cliente per completare il percorso progettuale e di costruzione con soddisfazione di entrambe le parti. È un rapporto di fiducia e di stretta collaborazione. Recentemente, durante la realizzazione di un'abitazione monofamiliare, mi sono reso conto dell’importanza dei commenti dei clienti, indipendentemente dalla loro professione o formazione. Inizialmente ero molto riluttante ad accettare l'incarico a causa dei riferimenti che mi erano stati segnalati dalla giovane coppia, ma avevo bisogno di portare avanti quel lavoro e ho deciso di procedere con il lavoro. Ho cercato di comunicare gli aspetti che ritenevo negativi delle loro prime intuizioni e di suggerire alcune alternative che avrebbero potuto essere gradite. Il processo è durato sei mesi, tempistica poco comune per progetti a questa scala, ma estendere maggiormente il processo di concettualizzazione dell’opera si è rivelato decisivo. Sono rimasto piacevolmente sorpreso di come che il proprietario mi ha proposto di conformare il prospetto dell'edificio: ha rappresentato la una svolta definitiva, l'anima della casa».

José Martins

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Three Walls and a Chimney, 2020 

 

«La relazione con la committenza è sempre molto positiva e, ovviamente, stimolante. Essenzialmente perché molti dei punti focali del progetto non appaiono mai tra i riferimenti dei clienti. Detto questo, capisco le preoccupazioni di chi investe somme ingenti senza avere la garanzia di sapere quello che sarà, in senso figurativo, il risultato finale. Qualche volta ho la sensazione che i committenti arrivino da noi senza avere visto nulla di quello che abbiamo fatto».

Iván Bravo
 

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enfermedades preciosas / 2019 

 

«Il rapporto con la committenza varia a seconda del tipo di opera da realizzare.

Esiste inevitabilmente una forte relazione tra la volontà del cliente e lo sviluppo del progetto architettonico, ma la mia ambizione è rendere il processo creativo il più indipendente possibile da eventuali restrizioni, analogamente all’approccio di un artista. Negli ultimi anni ho perfezionato una metodologia di lavoro capace di garantire una posizione di maggior controllo sulle componenti del progetto: un sistema in grado di ridisegnare la relazione con il committente –­ definendo fin dall’inizio del rapporto le linee guida della progettazione – o, talvolta, in grado di portarmi ad assumere personalmente quel ruolo all’interno del processo».

Howland Evans
 

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Sina Biringvad, A memory of a window


 

«Ogni cliente è differente. La nostra relazione con loro evolve a seconda delle proprie esigenze e peculiarità. Il primo passo di ogni progetto è rappresentato da una conversazione, il cui filo percorre l’intero processo. La fiducia è fondamentale e quando viene a mancare, il risultato finale ne soffre. In ogni caso il processo progettuale è doloroso infatti stiamo cercando di avere conversazioni più profonde e significative sin dall’inizio. Londra è uno strano luogo in cui lavorare dato che la proprietà è un’ossessione e la casa è vista come un investimento economico piuttosto che un luogo in cui vivere in modo autentico e significativo. Spesso troviamo che il tipo di persone che possono affrontare lo sforzo di comprare una casa qui a Londra e che commissionano il lavoro ad un architetto, più o meno inconsciamente siano motivate dall’idea di status sociale e dal valore e dal messaggio che la propria casa è in grado di comunicare agli altri e di come questo alimenti il proprio senso di appartenenza. Queste sono questioni molto difficili da affrontare, ma sono nodi che necessariamente devono essere sciolti durante il processo progettuale. Ultimamente stiamo valutando la possibilità di proporre ai clienti un questionario da cui ricavare quella che potremmo chiamare la loro “storia spaziale”, utile a comprendere quali sono e quali caratteristiche avevano quei luoghi o spazi che li hanno toccati profondamente. Questo potrebbe essere un modo per andare oltre le questioni di stile derivati dal largo utilizzo dei social o dai molti programmi televisivi che riguardano, o meglio, dovrebbero riguardare l’architettura. L’idea della “storia spaziale” deriva da una ricerca svolta con il professor Andrew Clancy della Kingston School of Art nell’ambito del programma Drawing Matter situato nel Somerset, in cui abbiamo chiesto agli studenti di disegnare a memoria una finestra vissuta in prima persona. Questo è un modo per avere accesso a sensazioni e idee molto radicate ma fondamentali per capire in profondità come vengono vissuti gli edifici e gli spazi, un modo anche per stimolare conversazioni riguardo ai modi differenti che abbiamo di muoverci nel mondo e di relazionarci con lo spazio. Come esseri umani infatti, siamo molto in sintonia con tutto ciò che ci circonda e la sfida sta proprio nel portare in primo piano questo rapporto e dare alle persone gli strumenti necessari per viverlo consapevolmente».

Whale!
 

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Diego Velázquez, Las meninas 


 

«La committenza rappresenta la forza primitiva che dà origine al progetto, carica di ambizioni e di sogni; una componente imprescindibile, capace di offrire un ventaglio di stimoli plastici ed economici che costituiscono la materia essenziale della pratica architettonica.

Consideriamo importante che, durante il percorso progettuale, il cliente si riveli disponibile a mettere in discussione le certezze acquisite, al fine di concedere all’architettura lo spazio necessario per manifestarsi inaspettatamente».

a-works
 

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Pyramid Park


 

«Lo studio opera con l’impostazione di un atelier, dove ogni progetto è un'impresa intima e a volte personale. Spesso questa pratica evolve in una serie di relazioni strette con le persone coinvolte, clienti e non, dove ognuno diventa complice, a modo suo, dello sviluppo del progetto. Mi è stato detto fin dall'inizio dei miei studi che senza un buon rapporto tra architetto e cliente è quasi impossibile arrivare a un buon progetto e devo dire che finora è stato così».

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