Ci potete raccontare una vostra opera?
Bruno Vaerini
Dettaglio del telaio del tavolo Petalo, 2020
«Raccontare una mia opera è come raccontare una vita intera. Vivo tutti i miei lavori, in scale diverse, come conquista di nuovi gradi di libertà. Il mio rapporto con la progettazione architettonica è quantomeno trasversale rispetto ai canoni tradizionali. Le mie esperienze progettuali si sviluppano tra territori contigui del sistema dell'arte. Devo dire che fin dai primi passi della mia formazione in campo artistico il mio sguardo era già rivolto all'architettura. Vivevo a Roma e continuamente sentivo il bisogno di vivere i luoghi della storia della città e dei grandi maestri: il Bramante in San Pietro in Montorio, Sant'Ivo alla Sapienza e San Carlino alle quattro fontane del Borromini. Anche la pittura mi portava verso la tridimensione: la profondità spaziale del Caravaggio, le architetture dipinte di Masaccio, di Giotto e di Piero della Francesca. C'era sempre questa tensione verso l'arte del controllo dello spazio. Ogni mio progetto è il frutto di un percorso che non si accontenta mai delle risposte già acquisite, sono sempre pronto a ripartire da zero e credo che il dubbio sia un ingrediente fondamentale. Ho sempre bisogno di nuovi stimoli fecondi per onorare, con un atto d'amore, il compito che mi è stato affidato».
Pietro Gellona
Casa sul retro, esterno | interno, 2017
«La casa sul retro, ultimata nel 2017 è uno nuovo spazio abitabile realizzato all'interno di una proprietà con vincolo
paesaggistico. Al momento è la casa studio dove abito e lavoro.
La sagoma e il volume edificabile sono stati decisi e fissati a seguito di un lungo processo di trattative fra i proprietari e i
vicini - e relativi legali - , almeno sette anni, con ulteriori vincoli di volume, posizione e finiture, incluso il tetto verde. Il
progetto ha avuto lenta maturazione e diverse proposte fatte da altri studi.
L'ultima proposta è stata progettata e seguita in prima persona - che, nel frattempo, avevo ultimato gli studi, l'esame di stato, le
esperienze lavorative e avevo deciso di mettermi in proprio dopo un'esperienza di collettivo - . La costruzione è durata un
anno. Hanno collaborato l'Arch. Maurizio Vescovi - parte architettonica - , e i Dott.Lino Zubani e Gianluca Agazzi - parte
botanica -.
Il volume all'esterno è un monolite rivestito in ceppo di Grè, cavato sul lago di Iseo, poroso ma resistente al gelo,
presenta aperture regolari e massimizza la superficie edificabile disponibile. Il monolite trae ispirazione da costruzioni
etrusche visitate durante le estati in Maremma, che, nei nostri giorni, presentano volumi rigorosi ricoperti da una
vegetazione e mostrano una risolta integrazione tra natura ed architettura.
All'interno spazi lineari e funzionali con molte aperture di luce naturale che invitano alla meditazione e riquadrano
porzioni del giardino e del cielo. La distribuzione interna prevede un grande spazio cucina- soggiorno pranzo, uno
studio - che è anche camera per gli ospiti - , due bagni comunicanti e una camera da letto - ricavata in un volume
preesistente e recuperato - . I materiali sono semplici, pavimenti in gres grande formato, pareti bianche, il rovere per porte
scorrevoli e armadi, il marmo di Carrara per i piani della cucina e nei bagni per lavabi e vasca. L'arredo fisso modulare,
proviene dalla grande distribuzione ed è finito con materiali tradizionali, gran parte dei mobili sono degli anni '50.
Il progetto delle piantumazioni del tetto, riflette sulla possibilità di dare un alternativa alle piantumazioni tradizionali dei
tetti verdi estensivi - in genere a sedum- attraverso l'uso di numerose specie autoctone che crescono in natura in
condizioni simili quali i prati aridi.
Utilizzando diverse specie di arbusti, perenni e graminacee autoctone, il risultato è un habitat vario che cambia
costantemente nelle stagioni e richiede scarsissima manutenzione».
SET Architects
Umberto Boccioni, Casa in costruzione, 1910
«Un lavoro a cui siamo molto legati è il progetto per il Nuovo Polo Scolastico di Sassa a L’Aquila che è il risultato della vittoria di un concorso internazionale bandito a seguito del sisma che ha colpito la città nel 2009.
Questo lavoro per noi ricopre un importante valore sociale perché mira a donare alle generazioni future spazi dignitosi in cui crescere, imparare e formarsi.
Il progetto s’ispira alle strutture a telaio per il gioco dell’arrampicata dei bambini. La metafora del gioco vuole trasmettere valori di libertà e aggregazione sociale come valore fondamentale per una didattica dinamica e innovativa. Il nuovo polo include una scuola dell’infanzia, una scuola primaria, una scuola secondaria, una palestra e un edificio multifunzionale. È pensato come un civic center che integra all’attività scolastica un gran numero di servizi aperti alla comunità in cui studenti, genitori e cittadini possano sentirsi protagonisti attivi. Lo scopo è di creare uno spazio con attività complementari in un unico complesso scolastico. Il progetto propone un intervento misurato che si confronta con il paesaggio attraverso geometrie semplici, l’attenzione alle proporzioni e l’utilizzo di materiali naturali. L’impianto architettonico presenta una conformazione dinamica di volumi indipendenti, connessi da pergolati, che garantiscono un rapporto di continuità tra interno ed esterno, tra spazi didattici e corti aperte sul paesaggio naturale. Lo spazio pubblico è l’elemento centrale del progetto e l’architettura è pensata come una quinta che definisce gli spazi aperti comuni. La natura entra all’interno dell’edificio grazie alle vetrate aperte sul paesaggio circostante. Inoltre gli spazi esterni sono pensati come un parco tematico in cui gli studenti possono fare esperienza diretta con le essenze vegetali e il loro ciclo di vita. Gli spazi interni sono pensati come un paesaggio stimolante, in cui lo studente sviluppa la propria autonomia e curiosità. Tutti gli ambienti, formali e informali, favoriscono il coinvolgimento attivo dello studente che in maniera creativa sceglie liberamente come appropriarsi degli spazi».
Baserga Mozzetti
Palestra di Chiasso, cantiere, dettaglio della copertura sollevata, 2010
«La palestra di Chiasso è un tetto che vorrebbe volare su una piazza infinita».
Atelier Remoto
Biella, 2019
«Teatro Aperto del Cervo propone il riuso e la conversione dell’antico lanificio Pria in un teatro con un piccolo spazio di ristoro e un generoso parco pubblico lungo il fiume Cervo. Il primo gesto è la demolizione, decidiamo di creare spazio vuoto, decomprimere per permettere alle possibilità di generarsi. Dopo un’analisi approfondita ci rendiamo conto che il capannone costruito negli anni Settanta soffoca non solo il corpo di fabbrica ottocentesco, ma anche un possibile affaccio sul fiume dalla strada, e decidiamo quindi di proporre una sua parziale demolizione. Ne rimane solo la torre di circolazione verticale, a raccontare la stratificazione temporale dell’edificio, e una piccola parte interrata adibita a deposito. Prima della sua costruzione quello era uno spazio esterno in cui venivano lasciati asciugare i filati dopo la loro produzione. L’intenzione è quella di recuperare l’antico carattere del luogo, vogliamo immaginarci quello spazio allungato, di forma triangolare, che sembra puntare proprio verso il luogo in cui il torrente Oropa confluisce nel Cervo, come una terrazza verde affacciata sul fiume, un parco in pendenza con della vegetazione e dei percorsi che connettono il livello della strada con una nuova piazza minerale del teatro e con il piano -1 dello spazio di ristoro, affacciato sul fiume e in relazione con il piano del teatro tramite una generosa doppia altezza. Si accede all’auditorium passando dalla piazza, attraversando uno spazio di biglietteria e foyer. Le tre navate del corpo ottocentesco del lanificio Pria vanno ad ospitare lo spazio del teatro, che offre la possibilità di essere utilizzato come uno spazio interno oppure, una volta che le grandi porte retrostanti il palco e affacciate sulla piazza vengono aperte, come uno spazio esterno per spettacoli estivi. Teatro Aperto del Cervo vuole instaurare un dialogo con le vicine realtà culturali, anch’esse frutto di una conversione di antichi lanifici affacciati sul Cervo, la Fondazione Sella e la Cittadellarte, Fondazione Pistoletto. In senso più ampio ci immaginiamo che a partire dalla nostra proposta di possa pensare ad un vero e proprio parco fluviale che vada a definire una serie di connessioni e attraversamenti pedonali in stretto contatto con le acque del torrente. Questo nuovo parco va a sancire un’importante unità tra queste tre realtà culturalmente effervescenti».
Marko Radonjić
Bistrica Majstorovina, 2017
«Tempo fa ho scoperto un artista che lavora sulla alterazione del corpo umano mediante collages di giornali e tratti di pennello, il tutto in bianco e nero. Investigando riguardo la sua biografia ho scoperto la sua cecità, capendo che la sua opera non nega la propria condizione, esplorandone invece le potenzialità. Il suo modo di esprimersi è molto rude ma allo stesso tempo molto delicato. Nelle sue opere posso sempre leggere dei messaggi e mi è possibile percepire la sua energia nelle pennellate. Nel progetto Curtain Over a Window ho rielaborato la sua opera perché ho cercato una risposta spaziale simile ad una sorta di pennellata tridimensionale».
José Martins
Research, 2018
«Tempo fa ho scoperto un artista che lavora sulla alterazione del corpo umano mediante collages di giornali e tratti di pennello, il tutto in bianco e nero. Investigando riguardo la sua biografia ho scoperto la sua cecità, capendo che la sua opera non nega la propria condizione, esplorandone invece le potenzialità. Il suo modo di esprimersi è molto rude ma allo stesso tempo molto delicato. Nelle sue opere posso sempre leggere dei messaggi e mi è possibile percepire la sua energia nelle pennellate. Nel progetto Curtain Over a Window ho rielaborato la sua opera perché ho cercato una risposta spaziale simile ad una sorta di pennellata tridimensionale».
Iván Bravo
Miniature / Casa Futrono / 2021
«Casa Futrono, al momento in fase di costruzione, è l’ultima opera progettata dallo studio.
Inizialmente concepito come un’opera d’arte astratta in un contesto naturale, il progetto condensa tutte le metodologie applicate per lo sviluppo di tutti i nostri lavori.
L’edificio è, simultaneamente, un piccolo modello, una struttura alta undici metri, un quadrato, un triangolo, una facciata cieca e una quasi completamente aperta. Un esercizio teoretico.
Un approccio di matrice geometrica ed estetica nell’atto di plasmare la forma architettonica che si legherà a complemento del rituale insito nell’appropriazione spaziale delle persone che abiteranno la casa».
Howland Evans
A Room in a Garden
«A Room in the Garden è un piccolo edificio posizionato nel giardino di un edificio esistente situato nella periferia di Londra. I clienti erano una coppia di pensionati desiderosi di ricreare in questo luogo alcune sensazioni e situazioni vissute nella grande casa dalla quale si sono trasferiti, e legata a molti ricordi familiari. Uno spazio primario e flessibile, utilizzato a seconda dei casi come ufficio, soggiorno oppure stanza degli ospiti, con un bagno, una serra e un angolo soleggiato in cui poter mangiare insieme all’aperto. Come in molti altri nostri lavori il budget era estremamente basso e siamo riusciti a tenere i costi bassi lavorando con un’impresa di costruzione piccola e relativamente inesperta, spingendo gli ingegneri a minimizzare gli elementi necessari a costruire il tetto e utilizzando materiali economici e serramenti esterni e porte di produzione industriale. Abbiamo inoltre eliminato le tracce degli impianti, realizzati a vista, programmando accuratamente l’acquisto del legname necessario a realizzare il tetto ed abbiamo infine ridotto le finiture ai minimi termini, risparmiando sia sui materiali che sui costi della manodopera. Rimuovendo le finiture che nascondono tutti i possibili errori commessi in fase di esecuzione, è stata necessaria una costante comunicazione con il costruttore, oltre che una costante presenza sul cantiere. Un’ulteriore difficoltà derivava dal fatto che i lavori si sono svolti durante i primi mesi della pandemia, quindi tutto si è rivelato molto più impegnativo del previsto. L’insieme aggravato anche dalla rottura della fotocamera dello smartphone del costruttore. Tuttavia abbiamo potuto fare sopralluoghi in sicurezza recandoci sul cantiere in bicicletta, fino a quando l’edificio non era del tutto sigillato. La frugalità dei materiali utilizzati è contrastata dalla generosa spazialità, dovuta al grande tetto ad ampie falde con in sommità un lucernario – uno dei pochi elementi costosi – che rende più alta e grandiosa la stanza principale, nonostante i muri siano costruiti con blocchi in cemento a vista ed il pavimento sia in linoleum. Essendo i nostri clienti appassionati di giardinaggio abbiamo voluto celebrare la loro attenzione verso il mondo naturale. Non solamente creando aperture verso il giardino in continuo mutamento, ma anche posizionando finestre e porte in funzione del percorso del sole, in modo che la stanza possa diventare un luogo in cui viene chiaramente percepito il passare del giorno e delle stagioni».
Whale!
Casa del Peumo
«All’inizio, la casa come una pietra di fiume: soffice, levigata e opaca.
Quindi come un dispositivo, un prisma sul ciglio di un burrone, capace di cristallizzare l’approssimarsi del limite.
Verso la strada, un volume muto, sordo, inghiottito da una penombra densa e innominabile.
Improvvisamente, l’immensità della valle, la pallida luce dell’oriente e la promessa di infiniti crepuscoli.
Al centro della geometria, un Peumo immacolato, unico esemplare nel terreno, amato da tutti come un totem leggendario. Presenza eterna ma imprevedibile, resiliente al vento, alla fauna ed alla vernice.
Gli spazi rispondono alle necessità di una comune residenza privata: tre stanze da letto, due bagni, una zona giorno con cucina ed una terrazza coperta annessa al patio.
La casa presenta una struttura in legno di pino 2x4’’ ancorata ad un basamento in cemento bianco».
a-works
Garden Studio
«Un’opera che ben rappresenta l’approccio dello studio è un piccolo progetto denominato Garden Studio, concepito come una semplice struttura a capanna in cui spazio, materiale e costruzione mirano a un'espressione chiara e materica. Serve come luogo in cui trovare la solitudine che genera la concentrazione di cui necessita il lavoro e che, all'occorrenza, può aprirsi per diventare un generoso spazio familiare e un'estensione del giardino in cui si trova. Il volume, lungo 13 metri, si estende su un terreno in pendenza, ancorato al suolo ad un'estremità e posato su di una grande pietra all'altra estremità, come se fosse in equilibrio instabile.
Il volume è composto da cinque ambienti consecutivi: un ingresso coperto, un vestibolo, una sala di scrittura, una biblioteca e una sala di lettura, ciascuno con un carattere spaziale unico. È realizzato interamente con pannelli prefabbricati in CLT, ossia in legno stratificato portante, assemblati in loco, con pareti, pavimento e soffitto di 90 mm di spessore, mentre porte, scaffali e mobili sono di 60 mm. Tutti gli altri elementi - tetto, grondaie, porte scorrevoli, finestre e gradini d'ingresso - sono in alluminio. Non vengono utilizzati altri componenti tipici dell'involucro edilizio: nessuna barriera all'aria, isolamento o barriera al vapore, né altri materiali di finitura interni o esterni.
La costruzione vuole essere il più semplice e grezza possibile, con l'assemblaggio delle parti chiaramente espresso. I fissaggi tramite bulloni delle pareti interne con la facciata esterna sono lasciati a vista, rivelando la loro posizione, come nella costruzione tradizionale delle capanne di legno. Il tetto, le finestre e le porte sono fissati direttamente all'esterno in legno, senza alcuna copertura o rifinitura, in modo che l'estensione di ogni componente, la sua materialità e il suo assemblaggio siano pienamente leggibili.
Tutti i componenti sono stati messi a punto nelle loro dimensioni e forme per far sì che l'intera costruzione in legno agisca come un unico elemento strutturale. Questo permette al volume di 10 tonnellate di poggiare su un unico punto e generare l'immagine spontanea, come se fosse disegnata daun bambino, di un capannone seduto su una pietra».